Rivoli, 10 febbraio 2018:

- La paura di essere incinta -

Quando la donna scopre di essere incinta o teme di esserlo si sente improvvisamente schiacciata da qualcosa che la supera e le stravolgerà la vita. Si persuade che tutti i suoi progetti non si realizzeranno più e che le difficoltà certamente aumenteranno. Anche la paura e l’egoismo del mondo che la circonda alimentano questo pessimismo e il futuro appare un fallimento certo. L’aborto costituisce l’illusoria soluzione perché tutto possa rimanere come prima e nulla cambi.


Tutto questo avviene nella solitudine di una scelta che ricade solo su di lei con tutte le colpe che le vengono addossate o che lei stessa si imputa. Questa solitudine ha radici profonde già in una sessualità che, pur unendo totalmente i due corpi, non unisce le due vite. Un’intimità sessuale che non realizzando il “tutto tuo” (amore totale) e il “tuo per sempre” (amore per sempre), non predispone all’accoglienza dell’altro, prima nell’uomo e poi nel figlio.


In altre parole i due corpi e le due vite parlano contemporaneamente due linguaggi differenti e dicono cose opposte. In questo contesto ha un ruolo fondamentale la contraccezione che fornisce strumenti o solo per lei o solo per lui, con tutte le conseguenti responsabilità sull’individuo in caso di fallimento. La solitudine e il senso di colpa vengono poi ancora alimentati da una cultura che considera la gravidanza una questione della donna chiamata a “risolvere”.


La stessa legge 194 estromette dalla questione l’uomo lasciando tutto sulle spalle della donna e per gli stessi Cav c’è il rischio di non coinvolgere il padre richiamandolo al suo fondamentale compito: arginare le paure e proteggere la donna e i figli. La paura si può esprimere anche con superficialità, insensibilità, incapacità di realizzare e rifiuto. È fondamentale un’accoglienza che comprenda e non si scandalizzi per questo. Ci si deve immergere nella situazione per intendere visuale e linguaggio a noi estranei e fare spazio a ciò che è “altro” da noi.

 

Solo così potremo prenderla per mano e donarle uno sguardo nuovo che le consenta di rileggere tutto diversamente e restituisca la giusta proporzione alle cose, comprendendo le paure, ma mai giustificando l’aborto.
Ci avvicineremo così alla realtà del figlio che è l’unica realtà presente, a differenza di un futuro e di un passato che impauriscono ma non esistono ancora o non esistono più.
Aiuteremo a distinguere i “problemi” dal “figlio” perché quest’ultimo non entri nell’elenco dei primi e perché i problemi siano ridimensionati dal confronto con la vita del figlio.


Scandalizzarsi è dannoso, ma è necessario anche andare oltre le esigenze espresse e superficiali. Rispondere a queste e alle necessità materiali, non accoglie ma assiste e non è un servizio alla vita ma alla povertà. L’assistenzialismo ignora la più grande povertà che è sempre umana e rimane indifferente alla persona, alle sue paure e infondo anche al figlio e l’indifferenza uccide. Dobbiamo promuovere l’umano trasmettendo un amore fiducioso, non perché siamo buoni, ma perchè “mi fido di te e sono con te in questo viaggio perché tu e tuo figlio valete”.


Infine dobbiamo difenderci da un’idea errata di libertà: “si è liberi solo se si hanno alternative.” Le alternative possono essere un presupposto, ma si può essere liberi anche in assenza di alternative e si può essere schiavi pur potendo scegliere tra diverse alternative. Dobbiamo vivere e comunicare la ferma convinzione che si è davvero liberi se si compie il bene a cui si è chiamati “qui” e “ora”.
Altrimenti cadremo nell’equivoco che sia sufficiente dare un’alternativa e che ogni opzione sia buona in quanto scelta, sposando di fatto il concetto di autodeterminazione che è alla base della mentalità abortiva.


Claudio Larocca
(Pres. CaV-MpV “G. Foradini“- Rivoli)
mobile: +39 328 2653764
E-mail: claudio@cavrivoli.org

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