Via Crucis per la vita 2012

  • Rivoli, 06 aprile 2018.
    D.A.T. cosa buona e giusta?

    Pare che la legge sulle «Norme in materia di consenso informato e di Disposizioni anticipate di trattamento» (Dat), entrata in vigore il 31 gennaio scorso dopo tanto dibattito e qualche incomprensibile silenzio, sia diventata anche in ambiente ecclesiale da accogliere non solo senza opporsi, in quanto ormai realtà normativa con cui dover fare i conti, ma addirittura come una buona legge che aiuterebbe l’alleanza medico paziente e che per un cattolico non genererebbe alcun problema in quanto sostanzialmente in linea con la dottrina cattolica.

    Pur nel rispetto di tutte le opinioni, personalmente credo non sia affatto così e che sia un bene per tutti capire le problematiche che porta in sé questa leggeapprovata con troppa fretta.

Proverò quindi a individuarne le principali, seppur con una necessaria sintesi.

Il primo problema è terminologico in quanto la parola “disposizioni” nel testo di legge ha preso il posto di “dichiarazioni” e non è necessario avere particolari titoli accademici per capire quanto tale termine sia più obbligante per il medico.

Quest’ultimo infatti è tenuto a rispettare le disposizioni scritte magari molto tempo prima e certamente in situazioni di vita differenti, senza poter opporre l’obiezione di coscienza perché questa non è assolutamente prevista da questa norma.



Le Dat possono essere disattese dal medico soltanto “qualora esse appaiano palesemente incongrue o non corrispondenti alla condizione clinica attuale del paziente ovvero sussistano terapie non prevedibili all’atto della sottoscrizione”.

In un altro punto la norma recita che “il paziente non può esigere trattamenti contrari a norma di legge, alla deontologia professionale o alle buone pratiche clinico-assistenziali”. A parte ciò la legge dice chiaramente che “il medico è tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente” senza alcuna eccezione.


Qualcuno con funambolici salti del ragionamento e della lingua italiana, nonché con interpretazioni a dir poco creative, prova a dimostrare che tra queste righe si nasconda il diritto all’obiezione di coscienza da parte del medico, ma ancora una volta chiunque può rendersi conto di quanto ciò non sia corrispondente al vero.

Il tutto diventa ancora più problematico e inquietante se si considera che “in conseguenza di ciò” il medico “è esente da responsabilità civile o penale”. Dunque la legge contempla chiaramente l’ipotesi per il medico di atti obbligati dalle Dat e che oggi prevedono sanzioni anche gravi.


La norma prevede poi che il paziente possa sempre cambiare il contenuto delle proprie disposizioni, ma ovviamente questo potrà accadere solo finché sarà in grado di farlo. Dunque nel caso di un peggioramento improvviso delle condizioni di salute e di perdita di coscienza, il paziente sarebbe privato di tale possibilità proprio nel momento in cui le disposizioni possono entrare in vigore.

Dunque il medico sarà tenuto a prendere qualsiasi decisione terapeutica sulla base di disposizioni scritte magari molti anni prima e che mai daranno certezza della volontà attuale del paziente.

Il medico inoltre è tenuto al “rispetto della volontà del paziente”, quindi all’accertamento preventivo di eventuali disposizioni espresse, anche prima di tentare di rianimarlo (la legge parla inequivocabilmente di “situazioni di emergenza”), per essere certo che queste non escludano “le cure necessarie” e non rischiare dunque di incorrere in conseguenze disciplinari o penali.


Ancora una volta al centro non c’è il bene del paziente determinato da una competente scelta medica, ma la sua autodeterminazione elevata a valore primario e il timore di un medico ridotto a mero esecutore e costretto a tutelare se stesso e non la vita del malato che diventa valore assolutamente secondario.

Chiediamoci inoltre: quale sarà il livello di formazione, informazione e consapevolezza alla base delle disposizioni del paziente? In che modo il paziente al momento della sottoscrizione potrà considerare tutti i possibili eventi futuri? Chi può da sano essere certo di quelle che saranno le sue volontà nel momento in cui un trattamento medico potrà salvargli la vita? Chi può escludere che in quel momento il paziente non voglia cambiare idea pur non potendola esprimere? Se lui in quel momento, potesse farlo, volesse chiedere di non morire, non dovrebbe essere un suo diritto farlo? Perché violarlo per dare esecuzione a una volontà espressa in condizioni totalmente diverse e distanti dalla realtà di emergenza che si presenta e da una corretta valutazione medica?


In un caso simile neppure i parenti potrebbero pretendere che il medico salvi la vita al paziente, perché questo è vincolato dalla legge a rispettare le volontà scritte.

Risulta evidente quanto, sia la professione medica che il rapporto paziente-familiari-medico, vengano deturpati e sostituiti da disposizioni totalmente avulse dal contesto.

Altra grave criticità della norma, forse la più divergente con la dottrina sociale della Chiesa Cattolica, è il fatto che essa consideri terapie la nutrizione e l’idratazione artificiali e quindi ne preveda la possibile sospensionecausando la morte per fame e sete del malato, così come accaduto con Eluana Englaro che oggi verrebbe quindi uccisa nel pieno rispetto della legge.


È importante capire che idratazione e alimentazione, anche se somministrate con mezzi artificiali, sono supporti vitali che restano proporzionali finché riescono a svolgere la loro funzione e che rientrano in atti sempre dovuti alsupporti vitalipaziente e la cui interruzione in questi casi è da considerarsi sempre atto eutanasico. Questo suggeriscono il buon senso e la bioetica personalista che è alla base della dottrina cattolica che, dunque, è ben lontana da questa norma che non pone alcun limite a tale interruzione.

 

Per tale motivo possiamo tranquillamente sostenere che, seppur la legge non parli espressamente di legalizzazione dell’eutanasia (ma neppure la escluda), di fatto ne spiana la strada.

Claudio Larocca
(Pres. CaV-MpV “G. Foradini“- Rivoli)
mobile: +39 328 2653764
E-mail: claudio@cavrivoli.org

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